Ci sono cose che per il cane sono intrinsecamente significative: guardare le greggi, fare la guardia, inseguire il selvatico, mordere il figurante e così via.
E queste azioni si autorinforzano, nel senso che il cane più le fa più si allena a farle.
E soprattutto si diverte.
Tra queste cose però non c’è quello che noi chiamiamo obbedienza.
Per il cane non ha nessun significato mettersi a terra a comando…
Ma soprattutto, facendolo, non è che dica: ma che bello, era mesi che volevo farlo e adesso tutte le volte che posso lo rifaccio.
Il cane va a terra per due motivi: o perché se non ci va passa un brutto quarto d’ora o perché gli abbiamo insegnato che facendolo viene ricompensato.
Il cane e il lavoro sul premio: migliore da un punto di vista tecnico
Ma se funzionano entrambi i metodi, perché dal punto di vista tecnico è meglio premiare il cane per dare significato a quello che sta facendo?
Ho scritto “dal punto di vista tecnico” proprio perché tecnicamente ci sono dei vantaggi a lavorare in questo modo.
Parliamo di tecnica perchè più oggettiva dell’etica.
Non parlo di etica perché come argomentazione a favore dell’una o dell’altra scelta è poco oggettiva, considerando la relatività della stessa.
Tre ragioni tecniche che giustifichino il lavoro basato sul premio.
La prima: prendendo ancora ad esempio il comando Terra.
Se insegno al cane il Terra facendo passare il guinzaglio sotto il mio piede per far leva e spingerlo in giù, il cane manifesterà col suo corpo il disagio che sente dentro.
La coda sarà tra le zampe, le orecchie indietro, probabilmente sbadiglierà e comunque l’esercizio nel suo insieme non sarà esteticamente bello.
Nel momento in cui togliamo il guinzaglio e gli diciamo terra, il cane manifesterà lo stesso stato d’animo che aveva mostrato in fase di apprendimento.
Il terra sarà lento, la coda tra le zampe e così via.
Per fortuna in molti sport cinofili questo atteggiamento non viene più accettato.
Secondo motivo tecnico: prendiamo come esempio il cane che tira al guinzaglio.
Insegnargli a non farlo è molto semplice: basta dargli un paio di tironi perché il cane la smetta.
La controindicazione però è la seguente: sto insegnando al cane una nuova cosa ovvero che non deve tirare.
Gli dico “Piede” e nel momento che si allontana si becca la correzione.
Ma il cane non sa ancora cosa voglia dire “Piede” e pur imparandolo non si è divertito.
Fatto questo, il giorno dopo dico al cane: vieni che ti insegno le posizioni a distanza.
Il cane non sa cosa sia questo esercizio ma pensa: l’altra volta mi hai insegnato Piede e non mi è piaciuto tanto, oggi mi insegni questa cosa nuova e sono un po’ preoccupato.
La conseguenza è che invece di avere l’allievo che mette tutto se stesso per imparare un nuovo comportamento, una parte di lui sarà preoccupata dal potenziale pericolo.
Terzo motivo: attraverso il divertimento è possibile ripetere più volte l’esercizio rinforzando così l’apprendimento.
Ricordate due cose:
1) nessun cane costretto a fare una cosa la farà così bene come un cane che voglia farla perché gli piace; 2) l’essenza del lavoro sul premio non consiste nel dare un bocconcino al cane perché si comporta bene dopo averlo strattonato, bensì fare in modo che il cane ottenga il premio che non vede attraverso il suo comportamento.
1) nessun cane costretto a fare una cosa la farà così bene come un cane che voglia farla perché gli piace; 2) l’essenza del lavoro sul premio non consiste nel dare un bocconcino al cane perché si comporta bene dopo averlo strattonato, bensì fare in modo che il cane ottenga il premio che non vede attraverso il suo comportamento.