Nell’ambito del corso sui Fondamenti dell’Addestramento solitamente cominciamo dando una visione generale della situazione della cinofilia attuale per poi descrivere il nostro punto di vista e il nostro modo di lavorare. Le righe che seguono, quasi il “manifesto” della nostra associazione, sono un’introduzione al corso che scrissi insieme con Valeria qualche anno fa.
Pubblichiamo augurandoci di farvi cosa gradita, nella speranza, inoltre, che il lettore possa godere, ancora una volta, dell’inconfondibile stile di Valeria.
Il mondo cinofilo moderno è, purtroppo, teatro di scontri anche molto accesi tra persone che hanno una visione assai diversa del rapporto col cane.
Da una concezione esclusivamente antropocentrica, in alcuni casi anche molto arrogante (lui è il mio ausiliario quindi deve obbedire e basta, a qualsiasi costo) si è passati ad un’altra decisamente più etica (il cane ed io siamo partner, lavoriamo insieme e meritiamo lo stesso rispetto): il che va benissimo a tutti i livelli, qualsiasi sia lo scopo con il quale ci rapportiamo con l’animale.
Il cane da compagnia deve avere pari dignità del cane da esposizione o da sport, il cane di razza superselezionato deve avere pari dignità del meticcio adottato in canile: nessuno di loro deve essere considerato come uno strumento (anche se la legge italiana purtroppo lo considera ancora un oggetto) e ognuno deve, assolutamente, avere la possibilità di esprimersi e di non vedere inibite o tarpate le proprie doti naturali.
Purtroppo, negli ultimi vent’anni circa, la cinofilia sportiva – da disciplina quasi “da carbonari” che era, visto che la praticavano quattro gatti considerati anche non del tutto normali (e magari non a torto…) – è diventata un fenomeno di massa, specie grazie all’avvento di una marea di nuove discipline, prima fra tutte l’agility, accessibili a tutte le razze e anche alle non-razze, a cani di ogni età ed anche a conduttori di ogni tipo, dallo sportivo alla casalinga di Voghera.
Questo ha fatto sì che intorno all’educazione e all’addestramento del cane nascesse un enorme business, con conseguenti “guerre” per accaparrarsi i clienti. Un altro notevole business è stato quello dei corsi per educatori e/o addestratori, sbocciato qualche anno dopo: ne è sortito però un esubero di figure professionali rispetto all’effettiva richiesta, e questo ha reso ancor più aspri i toni delle battaglie tra quelli che un tempo si sarebbero definiti “colleghi”, ma che ormai erano diventati soprattutto “concorrenti”.
Inutile dilungarsi qui sui perché e i percome (tanto il perché numero uno ha sempre e solo un nome: denaro): sta di fatto che nacquero vere e proprie fazioni, per non dire sette – in molti casi veramente fanatiche – dedite più alla critica (per usare un eufemismo) dell’operato altrui che alla vera cinofilia.
In particolare, i fautori del nuovo metodo inglese chiamato “gentle trainer”, basato sul condizionamento operante ma con uso esclusivo del rinforzo positivo, cominciarono ad accusare gli addestratori tradizionali di essere dei maltrattatori, mentre questi ultimi tacciavano i “gentilisti” di eccessivo buonismo e permissivismo.
Dopo vent’anni, siamo ancora più o meno allo stesso punto, con una sola differenza: ai gentilisti si sono aggiunti zooantropologi, cognitivisti, olistici e tutta una serie di figure che cercano di apparire “più buone” dei concorrenti e cercano di far credere di aver inventato grandiose innovazioni che in realtà, nella quasi totalità dei casi, esistono da sempre.
Solo che adesso gli si cambia nome, gli si appiccicano i copyright, si modificano i termini e si parla un linguaggio così: lo scopo è ovviamente quello di far pensare a chi segue il Guru di turno che lui sia l’unico depositario della Verità e che per riuscire ad accedervi si debbano seguire i suoi corsi, seminari, stage e quant’altro (il tutto non esattamente gratis…).
Da tutto questo è derivato un vero e proprio caos nel quale un neofita fatica a raccapezzarsi.
Non si sa più se andare dall’educatore o dall’addestratore; se seguire la scuola A o la B; se legarsi all’Ente X o Y. Ognuno sparla di tutti gli altri… solo che ormai le chiacchiere non si fanno più al bar sotto casa: si fanno sui social network, sul web, laddove ognuno può leggere tutto e il contrario di tutto.
Così spesso succede che non si affidi l’educazione del proprio cane al più bravo/più competente, ma a chi sa “vendersi” meglio e/o è più convincente nel denigrare la concorrenza.
Una tragedia, anzi una tragicommedia? Effettivamente sì, ma solo in Italia perché all’estero non è successo nulla di paragonabile (si sa che noi italiani dobbiamo sempre farci riconoscere).
Per fortuna, sia in Italia che all’estero, è anche progredita moltissimo la cinofilia seria, quella fatta sul campo, con i cani, e non davanti a una tastiera.
Metodi e tecniche si sono evoluti nella direzione del massimo rispetto per il cane, sì, ma senza derive eccessivamente buoniste. Si cerca sempre di ottenere che il cane sia un ausiliario, un partner di sport o di utilità sociale, ma rispettandone il più possibile l’etologia (e quindi considerandolo un cane e non un bambino, un peluche o un nano da giardino), le doti caratteriali e ovviamente il diritto ad una vita piena, soddisfacente e gratificante.
Questa evoluzione è nata soprattutto nell’Europa del Nord, ma si è diffusa rapidamente anche in altri Paesi.
In Italia fa più fatica, perché noi siamo ancora troppo occupati a sparlare l’uno dell’altro… però, pian pianino, qualcosa si sta muovendo anche da noi e nel nostro centro, pur non avendo “inventato” nulla, siamo orgogliosi di aver “copiato” parecchio dai migliori, dai più avanzati, insomma dai bravi.
Lavorando quotidianamente con i cani, ci siamo anche permessi di mettere qualcosa di nostro nel lavoro che svolgiamo con i cani: ma molto di ciò che studierete in questo corso, lo confessiamo tranquillamente, è anche frutto di studi e di esperienze altrui.
Studi ed esperienze seri, capaci di abbinare all’amore per il cane (che non può assolutamente mancare, quando si fa cinofilia) l’interesse scientifico, la conoscenza dell’etologia classica e così via.
Noi non crediamo che ci siano sostanziali differenze tra educatori, addestratori, istruttori eccetera: anche perché, se non sai educare un cane, non potrai mai addestrarlo.
Non crediamo che esista una lavagna con la divisione in categorie “buone” e “cattive”. Crediamo, invece, che esista una lavagna con la divisione in “competenti” ed “incompetenti”: e che i competenti siano coloro che sanno scegliere, tra i mille metodi, i mille strumenti e le mille tecniche esistenti, quelli più adatti al singolo soggetto che hanno di fronte.
Perché i cani non sono tutti uguali: ognuno ha il suo carattere, la sua personalità, la sua sensibilità. Tutte cose che vanno anche oltre le differenze di razza, che pure sono già rilevanti.
Crediamo che non esistano neppure strumenti “buoni” o “cattivi”: lo strumento non ha di certo un senso morale, dipende da chi lo usa e da come lo usa.
Soprattutto, però, crediamo fermamente che il rispetto per il cane debba sempre venire al primo posto: chi non lo mette come priorità assoluta non gode della nostra stima, a qualsiasi scuola appartenga e qualsiasi metodo usi.
Questo, unito ad una scelta etica personale e, in generale, alla nostra visione della cinofilia, ha fatto sì che scegliessimo di “lavorare con il premio”.
Ovvero di far sì che i cani, con noi, innanzitutto si divertano e si sentano gratificati.