Molti clienti che vengono al centro ci chiedono delucidazioni su come regolarsi con le punizioni e le correzioni, così ho deciso di rendere pubblico come ci comportiamo nel nostro centro relativamente a questo argomento.
La speranza è duplice:
1) dare buoni consigli a coloro che non possono venirci a trovare;
2) confrontarsi con altri professionisti che magari operano diversamente, in modo da avere un altro punto di vista e un rapporto dialettico che ci consenta di crescere professionalmente.
Prima di cominciare, però, dobbiamo sapere cosa significhino i seguenti termini:
1) Condizionamento Classico: risposta involontaria che da incondizionata diventa condizionata (esperimento di Pavlov);
2) Condizionamento Operante: basato sui concetti di stimolo, risposta, punizione positiva/negativa e rinforzo positivo/negativo;
3) Reward (Ricompensa) vs Reinforce (Rinforzo): non sono la stessa cosa.
Il reward è qualcosa che viene dato al cane e che per questi ha un grande valore (cibo, gioco, gratificazione sociale…). Diamo il reward per rinforzare un comportamento. Il rinforzo è qualcosa che fa sì che un certo comportamento si ripeta nel futuro; in questo senso il reward è una forma di rinforzo. Il malinteso che spesso si riscontra è causato dal fatto che anche qualcosa di spiacevole per il cane può essere una forma di rinforzo.
4) Arousal: livello di eccitazione. In italiano il significato è molto simile a quello (cinofilo) di temperamento, inteso come velocità e intensità di reazione ad uno stimolo esterno.
5) Generalizzazione: i cani sanno generalizzare molto poco. I loro comportamenti sono spesso legati al contesto. Al centro passiamo diverso tempo a mostrare al cane che certe cose si possono fare in contesti diversi, che possono essere generalizzati. Il fatto che molti cani non eseguano gli “esercizi” in contesti diversi è questione ben differente dalla disobbedienza. Dobbiamo distinguere tra errori, scarsa generalizzazione e disobbedienza vera e propria.
6) “Sovrascrivere” input diversi. I cani sono molto sensibili agli input fisici, molto meno a quelli verbali. Nel momento in cui diciamo al cane di fare qualcosa e contemporaneamente facciamo il gesto per indicarglielo, quest’ ultimo annullerà il comando vocale.
7) Learned helplessness (Disperazione Appresa): ovvero, quando il cane non tenta più di sottrarsi a qualcosa di spiacevole.
Nell’esperimento di Seligman, un cane è sottoposto continuamente a scariche elettriche (credo dal pavimento) senza avere possibilità di fuga. Ad un certo punto l’animale cessa di provare a fuggire dal dolore e si comporta come se non ci fosse speranza di cambiare la situazione. Nel momento in cui gli viene fornita una via di fuga, il nuovo comportamento appreso lo porta a non tentare nessuna azione e continua a sopportare il dolore. Il cane reagisce non reagendo. Questa situazione dobbiamo assolutamente evitarla. Se correggiamo nel modo sbagliato, la correzione stessa non ha effetto e il cane non impara nulla, anzi smette di provare ad “evitare” la cosa spiacevole. Inoltre, alcuni usano una sorta di correzione preventiva, la quale non solo non ha efficacia, ma il cane non cerca neppure di evitarla.
8) Comportamenti che si auto-rinforzano: per il cane alcuni comportamenti sono “neutri”, non hanno significato (per esempio, sedersi a comando). Siamo noi a dar valore all’azione e a “valorizzarla” quindi agli occhi del cane. Ci sono invece altri comportamenti che, in se stessi, gratificano il cane e i cani si sentono “biologicamente” bene nel metterli in atto. Esempi tipici sono l’inseguimento e la caccia; la natura avrebbe dovuto far estinguere questo comportamento a causa dell’elevatissimo numero di insuccessi, ma la natura stessa ha fatto in modo che cacciare “fosse bello” indipendentemente dal risultato.
9) Concorrenti: ovvero, quando il cane preferisce lo scoiattolo a quello che gli propongo io.
10) Estroversi ed introversi: ovvero come il cane manifesta “biologicamente” la sua energia. Dobbiamo usare strategie di lavoro diverse per diversi soggetti.
11) Attivi e passivi di fronte allo stress: mentre il punto 10 fa riferimento alla reazione di fronte al desiderio, qui si parla della risposta ad uno stress. Alcuni cani, sottoposti ad uno stress, diventano molto attivi, si sentono stimolati. Altri si chiudono e si immobilizzano.
12) Rinforzi primari e condizionati: cose di cui il cane ha bisogno naturalmente e cose che gli fanno prevedere l’arrivo di un rinforzo primario.
13) Conditioned punisher: parola senza significato per il cane, ma che se fatta seguire da qualcosa di spiacevole, lo acquista. Ad esempio, dire NO e dopo punire il cane.
14) Le 3F, ovvero Fly (o Flee), Fight e Freeze: le tre possibili reazioni del cani di fronte ad una difficoltà: fuggire, combattere o immobilizzarsi. Questo piccolo glossario rischia di banalizzare alcuni concetti molto profondi e in alcuni casi complessi: invito il lettore che conoscesse poco gli argomenti ad approfondire su altri testi. Ora passiamo a parlare di punizioni/correzioni. A Debù siamo convinti che la punizione non sia un buon metodo educativo e, lavorando sul rinforzo, facciamo in modo di far capire al cane quello che ci aspettiamo da lui. Il concetto di punizione lo insegniamo lontano dall’addestramento e poi, solo se indispensabile, ma con molta attenzione, lo abbiniamo al lavoro. Questa è la nostra filosofia. Noi partiamo sempre dalla punizione negativa (ovvero, privare il cane di qualcosa che desidera) facendo precedere la punizione dalla parola NO, in modo da insegnare al cane che quello è un comportamento indesiderato. Nel far questo, i tempi sono importantissimi: il suono NO deve precedere la negazione di ciò che il cane desidera, cosicché il suono predica al cane la negazione di qualcosa che voleva fare. Per i nostri scopi, è importante cominciare a insegnare al cane la parola NO abbinata alla Punizione Negativa. La punizione positiva, invece, è l’applicazione di una esperienza sgradevole (per esempio un fastidio o un dolore fisico) come conseguenza di un certo comportamento: il cane impara ad evitare questa esperienza negativa, facendo o non facendo qualcosa. Dobbiamo comunque renderci conto che la punizione, che sia negativa o sia positiva… sempre punizione è! Infatti anche solo impedire al cane di fare quello che gli passa per la testa è una punizione. Si pensa che la punizione negativa sia più “carina” della punizione positiva, ma interrompere un comportamento che il cane voleva mettere in pratica può portare comunque problemi nella relazione. Di punizioni positive ce ne sono di vario tipo e sono tutte spiacevoli:
1) correzione tradizionale basata su stimoli spiacevoli per il cane tramite strumenti come collare elettrico, con le punte, a strozzo;
2) pressione sociale: quando usiamo il nostro ruolo per dominare il cane, urlandogli contro, incombendo su di lui, mettendogli le mani davanti al muso con rabbia o muovendoci contro il cane in modo aggressivo. Nei casi in cui il cane sia sensibile “socialmente” e ci sia una buona relazione con l’umano, questa strategia può funzionare proprio come strumento di punizione ed il cattivo comportamento può cessare. Ma consigliamo sempre massima attenzione: se non c’è un’ottima e profonda relazione il cane può arrivare ad avere paura di noi, magari preferendo starci alla larga.
3) punizione “psicologica”, spaventando il cane con qualcosa di improvviso (rumori forti ad esempio). Noi non la utilizziamo per tre motivi: a) non vogliamo che il cane si spaventi, anzi in addestramento lavoriamo in contesti diversi perché il cane non patisca gli stress ambientali; b) molti cani si abituano e il diversivo arriva a perdere di efficacia. Si dovrebbe quindi aumentarne l’intensità col rischio di creare fobie comportamentali o comportamenti superstiziosi; c) può essere difficile, in termine di tempistica, far associare al cane il suono al comportamento scorretto.
Insegnare il NO – la parola NO, ovvero il NO Condizionato Noi vogliamo che il cane capisca cosa gli stiamo dicendo. Cerchiamo di insegnare il NO il prima possibile e facciamo di tutto per partire dalla punizione negativa. Ad esempio, se. il cane ci salta addosso per avere qualcosa che abbiamo in mano, diciamo NO e impediamo l’accesso. Quando il cane si calma e il comportamento che desideriamo si stabilizza, gli diamo accesso a quello che desiderava. In questo modo si riesce ad isolare il momento dell’errore, privando il cane di quello che voleva. Alcuni usano la punizione positiva ma noi preferiamo rimandarla, sperando non sia necessaria. Si possono usare anche parole diverse: ad es. “No” per indicare che il cane si sta comportando male e “Ah-Ah!” per dire al cane che quello che fa non è quello che ci aspettavamo da lui. La cosa che conta però è che il cane capisca cosa stia succedendo. Il nostro obiettivo è utilizzare il meno possibile la punizione positiva e, se necessario farlo, con una minima violenza, proprio perché abbiamo portato il cane a capire per gradi cosa sia “sbagliato”. Come regola generale: bisogna sempre capire il singolo cane e dobbiamo essere sicuri che il cane sappia qual è il suo lavoro, prima di punirlo positivamente. Inoltre, se si arriva alla punizione positiva, è necessario rispettare il timing e guardare la reazione del cane. Se mi dà retta e riprende il lavoro, allora va bene. Vediamo ora come fare in modo che:
– la punizione sia una guida
– quando e come utilizzarla – quando è assolutamente sconsigliabile.
Come regola generale facciamo in modo che il cane abbia sempre la possibilità di “fuggire”, nel senso che deve avere la possibilità dell’alternativa (una delle 3 F).
– Possibilità fisica: allontanarsi dal proprietario che incombe su di lui
– Possibilità psicologica (“ho capito che non è questo che dovevo fare, ma fammi riprovare che questa volta faccio meglio”).
Precauzioni:
a) punizione e comportamento pauroso: dobbiamo prestare molta attenzione a questo aspetto. Al cane pauroso è sempre meglio evitare la punizione positiva. Inoltre, con i cani che in addestramento sono paurosi perché hanno paura di sbagliare, sconsigliamo sempre la punizione positiva di qualsiasi tipo. Regola: se un cane per paura non riesce a concentrarsi, la punizione positiva non è indicata. Se noi abbiamo paura dei serpenti e ci ficcano un serpente in tasca durante un compito di matematica, prender botte perché facciamo male il compito non ci farà passare la paura dei serpenti. Dobbiamo capire se il cane ha paura o ci sta disobbedendo.
b) cosa il cane è in grado di capire: in molti esercizi complessi, il cane probabilmente sta pensando di far bene anche se per noi sta sbagliando. In questo caso la punizione non serve. Ad esempio, nel caso in cui decidessimo di punire il cane perché nella condotta senza guinzaglio la sua groppa punta verso l’esterno, il cane non capirebbe il motivo. Se invece, nello stesso esercizio, il cane non ci guarda, allora la punizione ci può stare. Infatti, è molto netta la differenza tra guardarmi e non guardarmi. Regola: la domanda da farsi è “cosa sa il cane?” La comprensione da parte del nostro amico è fondamentale: il cane deve avere la possibilità di evitare la punizione (ancora una delle 3 F) capendo qual è il comportamento atteso.
c) differenza tra errori e disobbedienza: anche noi, nel nostro lavoro, facciamo degli errori. La stessa cosa capita ai cani, anche se magari si stanno sforzando di far bene. Cosa diversa è vedere il proprio cane che capisce quello che gli stiamo chiedendo e decide di non farlo. Regola: noi non puniamo l’errore. Alcuni cani sbagliano perché non gli abbiamo mostrato bene quello che ci aspettiamo che facciano, o non hanno ancora imparato bene a farlo.
d) i tempi del cane: se diciamo al cane “terra” e noi lo puniamo perché si attarda, otterremo che il cane a terra non andrà più. Lui pensava di andare a terra, ma noi lo abbiamo punito. Nei casi più gravi si arriva alla learned heplessness.
e) condizionamento classico e comportamenti involontari: impostando alcuni esercizi si ha un aumento di arousal. Alcuni cani lo manifestano fisicamente e in modo involontario (tremolio, pigolio). Qui la punizione positiva non serve, perché si andrebbe a distruggere il comportamento voluto. Regola: non si punisce il cane per qualcosa che non ha sotto controllo.
f) cani passivi allo stress: cautela nello sgridare i cani che patiscono le situazioni stressanti! Molti proprietari confondono gli atti di sottomissione fatti dal cane con la comprensione dell’errore. In molti casi il cane non ha capito perché lo state punendo, ma si sottomette perché ha paura.
g) punizioni e comportamenti che si auto-rinforzano: vi sono comportamenti che danno piacere al cane, come l’inseguimento, l’abbaio, il morso, il gioco con altri cani e – in alcuni casi – anche le risposte aggressive. In questi casi la punizione negativa non è sufficiente. Si ha una situazione simile quando lo stimolo esterno è più interessante, per il cane, di quello che potrebbe fare con noi (inseguire una bici, per alcuni cani, è più gratificante che fare qualcosa col proprio umano). Se il “concorrente” è troppo forte rispetto a noi, saremo costretti ad usare varie tecniche (dalla desensibilizzazione al controcondizionamento) e, molto probabilmente, una qualche forma di punizione positiva. Per scongiurare l’uso della punizione, investiamo molto tempo per andare a costruire motivazione e relazione perché il cane veda il suo umano come la massima fonte di piacere e divertimento. Riepilogando:
1) è necessario preparare il cane insegnandogli il significato della parola NO, per passare poi alla punizione negativa e solo in seguito, se necessario, alla punizione positiva;
2) se viene punito, il cane deve capire il perché e quindi deve avere la possibilità di rifarsi;
3) bisogna guardare sempre la sua reazione;
4) la punizione non è un buon metodo educativo, ma se viene usata, che sia usata correttamente;
5) bisogna saper distinguere tra incomprensione e disobbedienza;
6) bisogna comunicare in modo chiaro.
La speranza è duplice:
1) dare buoni consigli a coloro che non possono venirci a trovare;
2) confrontarsi con altri professionisti che magari operano diversamente, in modo da avere un altro punto di vista e un rapporto dialettico che ci consenta di crescere professionalmente.
Prima di cominciare, però, dobbiamo sapere cosa significhino i seguenti termini:
1) Condizionamento Classico: risposta involontaria che da incondizionata diventa condizionata (esperimento di Pavlov);
2) Condizionamento Operante: basato sui concetti di stimolo, risposta, punizione positiva/negativa e rinforzo positivo/negativo;
3) Reward (Ricompensa) vs Reinforce (Rinforzo): non sono la stessa cosa.
Il reward è qualcosa che viene dato al cane e che per questi ha un grande valore (cibo, gioco, gratificazione sociale…). Diamo il reward per rinforzare un comportamento. Il rinforzo è qualcosa che fa sì che un certo comportamento si ripeta nel futuro; in questo senso il reward è una forma di rinforzo. Il malinteso che spesso si riscontra è causato dal fatto che anche qualcosa di spiacevole per il cane può essere una forma di rinforzo.
4) Arousal: livello di eccitazione. In italiano il significato è molto simile a quello (cinofilo) di temperamento, inteso come velocità e intensità di reazione ad uno stimolo esterno.
5) Generalizzazione: i cani sanno generalizzare molto poco. I loro comportamenti sono spesso legati al contesto. Al centro passiamo diverso tempo a mostrare al cane che certe cose si possono fare in contesti diversi, che possono essere generalizzati. Il fatto che molti cani non eseguano gli “esercizi” in contesti diversi è questione ben differente dalla disobbedienza. Dobbiamo distinguere tra errori, scarsa generalizzazione e disobbedienza vera e propria.
6) “Sovrascrivere” input diversi. I cani sono molto sensibili agli input fisici, molto meno a quelli verbali. Nel momento in cui diciamo al cane di fare qualcosa e contemporaneamente facciamo il gesto per indicarglielo, quest’ ultimo annullerà il comando vocale.
7) Learned helplessness (Disperazione Appresa): ovvero, quando il cane non tenta più di sottrarsi a qualcosa di spiacevole.
Nell’esperimento di Seligman, un cane è sottoposto continuamente a scariche elettriche (credo dal pavimento) senza avere possibilità di fuga. Ad un certo punto l’animale cessa di provare a fuggire dal dolore e si comporta come se non ci fosse speranza di cambiare la situazione. Nel momento in cui gli viene fornita una via di fuga, il nuovo comportamento appreso lo porta a non tentare nessuna azione e continua a sopportare il dolore. Il cane reagisce non reagendo. Questa situazione dobbiamo assolutamente evitarla. Se correggiamo nel modo sbagliato, la correzione stessa non ha effetto e il cane non impara nulla, anzi smette di provare ad “evitare” la cosa spiacevole. Inoltre, alcuni usano una sorta di correzione preventiva, la quale non solo non ha efficacia, ma il cane non cerca neppure di evitarla.
8) Comportamenti che si auto-rinforzano: per il cane alcuni comportamenti sono “neutri”, non hanno significato (per esempio, sedersi a comando). Siamo noi a dar valore all’azione e a “valorizzarla” quindi agli occhi del cane. Ci sono invece altri comportamenti che, in se stessi, gratificano il cane e i cani si sentono “biologicamente” bene nel metterli in atto. Esempi tipici sono l’inseguimento e la caccia; la natura avrebbe dovuto far estinguere questo comportamento a causa dell’elevatissimo numero di insuccessi, ma la natura stessa ha fatto in modo che cacciare “fosse bello” indipendentemente dal risultato.
9) Concorrenti: ovvero, quando il cane preferisce lo scoiattolo a quello che gli propongo io.
10) Estroversi ed introversi: ovvero come il cane manifesta “biologicamente” la sua energia. Dobbiamo usare strategie di lavoro diverse per diversi soggetti.
11) Attivi e passivi di fronte allo stress: mentre il punto 10 fa riferimento alla reazione di fronte al desiderio, qui si parla della risposta ad uno stress. Alcuni cani, sottoposti ad uno stress, diventano molto attivi, si sentono stimolati. Altri si chiudono e si immobilizzano.
12) Rinforzi primari e condizionati: cose di cui il cane ha bisogno naturalmente e cose che gli fanno prevedere l’arrivo di un rinforzo primario.
13) Conditioned punisher: parola senza significato per il cane, ma che se fatta seguire da qualcosa di spiacevole, lo acquista. Ad esempio, dire NO e dopo punire il cane.
14) Le 3F, ovvero Fly (o Flee), Fight e Freeze: le tre possibili reazioni del cani di fronte ad una difficoltà: fuggire, combattere o immobilizzarsi. Questo piccolo glossario rischia di banalizzare alcuni concetti molto profondi e in alcuni casi complessi: invito il lettore che conoscesse poco gli argomenti ad approfondire su altri testi. Ora passiamo a parlare di punizioni/correzioni. A Debù siamo convinti che la punizione non sia un buon metodo educativo e, lavorando sul rinforzo, facciamo in modo di far capire al cane quello che ci aspettiamo da lui. Il concetto di punizione lo insegniamo lontano dall’addestramento e poi, solo se indispensabile, ma con molta attenzione, lo abbiniamo al lavoro. Questa è la nostra filosofia. Noi partiamo sempre dalla punizione negativa (ovvero, privare il cane di qualcosa che desidera) facendo precedere la punizione dalla parola NO, in modo da insegnare al cane che quello è un comportamento indesiderato. Nel far questo, i tempi sono importantissimi: il suono NO deve precedere la negazione di ciò che il cane desidera, cosicché il suono predica al cane la negazione di qualcosa che voleva fare. Per i nostri scopi, è importante cominciare a insegnare al cane la parola NO abbinata alla Punizione Negativa. La punizione positiva, invece, è l’applicazione di una esperienza sgradevole (per esempio un fastidio o un dolore fisico) come conseguenza di un certo comportamento: il cane impara ad evitare questa esperienza negativa, facendo o non facendo qualcosa. Dobbiamo comunque renderci conto che la punizione, che sia negativa o sia positiva… sempre punizione è! Infatti anche solo impedire al cane di fare quello che gli passa per la testa è una punizione. Si pensa che la punizione negativa sia più “carina” della punizione positiva, ma interrompere un comportamento che il cane voleva mettere in pratica può portare comunque problemi nella relazione. Di punizioni positive ce ne sono di vario tipo e sono tutte spiacevoli:
1) correzione tradizionale basata su stimoli spiacevoli per il cane tramite strumenti come collare elettrico, con le punte, a strozzo;
2) pressione sociale: quando usiamo il nostro ruolo per dominare il cane, urlandogli contro, incombendo su di lui, mettendogli le mani davanti al muso con rabbia o muovendoci contro il cane in modo aggressivo. Nei casi in cui il cane sia sensibile “socialmente” e ci sia una buona relazione con l’umano, questa strategia può funzionare proprio come strumento di punizione ed il cattivo comportamento può cessare. Ma consigliamo sempre massima attenzione: se non c’è un’ottima e profonda relazione il cane può arrivare ad avere paura di noi, magari preferendo starci alla larga.
3) punizione “psicologica”, spaventando il cane con qualcosa di improvviso (rumori forti ad esempio). Noi non la utilizziamo per tre motivi: a) non vogliamo che il cane si spaventi, anzi in addestramento lavoriamo in contesti diversi perché il cane non patisca gli stress ambientali; b) molti cani si abituano e il diversivo arriva a perdere di efficacia. Si dovrebbe quindi aumentarne l’intensità col rischio di creare fobie comportamentali o comportamenti superstiziosi; c) può essere difficile, in termine di tempistica, far associare al cane il suono al comportamento scorretto.
Insegnare il NO – la parola NO, ovvero il NO Condizionato Noi vogliamo che il cane capisca cosa gli stiamo dicendo. Cerchiamo di insegnare il NO il prima possibile e facciamo di tutto per partire dalla punizione negativa. Ad esempio, se. il cane ci salta addosso per avere qualcosa che abbiamo in mano, diciamo NO e impediamo l’accesso. Quando il cane si calma e il comportamento che desideriamo si stabilizza, gli diamo accesso a quello che desiderava. In questo modo si riesce ad isolare il momento dell’errore, privando il cane di quello che voleva. Alcuni usano la punizione positiva ma noi preferiamo rimandarla, sperando non sia necessaria. Si possono usare anche parole diverse: ad es. “No” per indicare che il cane si sta comportando male e “Ah-Ah!” per dire al cane che quello che fa non è quello che ci aspettavamo da lui. La cosa che conta però è che il cane capisca cosa stia succedendo. Il nostro obiettivo è utilizzare il meno possibile la punizione positiva e, se necessario farlo, con una minima violenza, proprio perché abbiamo portato il cane a capire per gradi cosa sia “sbagliato”. Come regola generale: bisogna sempre capire il singolo cane e dobbiamo essere sicuri che il cane sappia qual è il suo lavoro, prima di punirlo positivamente. Inoltre, se si arriva alla punizione positiva, è necessario rispettare il timing e guardare la reazione del cane. Se mi dà retta e riprende il lavoro, allora va bene. Vediamo ora come fare in modo che:
– la punizione sia una guida
– quando e come utilizzarla – quando è assolutamente sconsigliabile.
Come regola generale facciamo in modo che il cane abbia sempre la possibilità di “fuggire”, nel senso che deve avere la possibilità dell’alternativa (una delle 3 F).
– Possibilità fisica: allontanarsi dal proprietario che incombe su di lui
– Possibilità psicologica (“ho capito che non è questo che dovevo fare, ma fammi riprovare che questa volta faccio meglio”).
Precauzioni:
a) punizione e comportamento pauroso: dobbiamo prestare molta attenzione a questo aspetto. Al cane pauroso è sempre meglio evitare la punizione positiva. Inoltre, con i cani che in addestramento sono paurosi perché hanno paura di sbagliare, sconsigliamo sempre la punizione positiva di qualsiasi tipo. Regola: se un cane per paura non riesce a concentrarsi, la punizione positiva non è indicata. Se noi abbiamo paura dei serpenti e ci ficcano un serpente in tasca durante un compito di matematica, prender botte perché facciamo male il compito non ci farà passare la paura dei serpenti. Dobbiamo capire se il cane ha paura o ci sta disobbedendo.
b) cosa il cane è in grado di capire: in molti esercizi complessi, il cane probabilmente sta pensando di far bene anche se per noi sta sbagliando. In questo caso la punizione non serve. Ad esempio, nel caso in cui decidessimo di punire il cane perché nella condotta senza guinzaglio la sua groppa punta verso l’esterno, il cane non capirebbe il motivo. Se invece, nello stesso esercizio, il cane non ci guarda, allora la punizione ci può stare. Infatti, è molto netta la differenza tra guardarmi e non guardarmi. Regola: la domanda da farsi è “cosa sa il cane?” La comprensione da parte del nostro amico è fondamentale: il cane deve avere la possibilità di evitare la punizione (ancora una delle 3 F) capendo qual è il comportamento atteso.
c) differenza tra errori e disobbedienza: anche noi, nel nostro lavoro, facciamo degli errori. La stessa cosa capita ai cani, anche se magari si stanno sforzando di far bene. Cosa diversa è vedere il proprio cane che capisce quello che gli stiamo chiedendo e decide di non farlo. Regola: noi non puniamo l’errore. Alcuni cani sbagliano perché non gli abbiamo mostrato bene quello che ci aspettiamo che facciano, o non hanno ancora imparato bene a farlo.
d) i tempi del cane: se diciamo al cane “terra” e noi lo puniamo perché si attarda, otterremo che il cane a terra non andrà più. Lui pensava di andare a terra, ma noi lo abbiamo punito. Nei casi più gravi si arriva alla learned heplessness.
e) condizionamento classico e comportamenti involontari: impostando alcuni esercizi si ha un aumento di arousal. Alcuni cani lo manifestano fisicamente e in modo involontario (tremolio, pigolio). Qui la punizione positiva non serve, perché si andrebbe a distruggere il comportamento voluto. Regola: non si punisce il cane per qualcosa che non ha sotto controllo.
f) cani passivi allo stress: cautela nello sgridare i cani che patiscono le situazioni stressanti! Molti proprietari confondono gli atti di sottomissione fatti dal cane con la comprensione dell’errore. In molti casi il cane non ha capito perché lo state punendo, ma si sottomette perché ha paura.
g) punizioni e comportamenti che si auto-rinforzano: vi sono comportamenti che danno piacere al cane, come l’inseguimento, l’abbaio, il morso, il gioco con altri cani e – in alcuni casi – anche le risposte aggressive. In questi casi la punizione negativa non è sufficiente. Si ha una situazione simile quando lo stimolo esterno è più interessante, per il cane, di quello che potrebbe fare con noi (inseguire una bici, per alcuni cani, è più gratificante che fare qualcosa col proprio umano). Se il “concorrente” è troppo forte rispetto a noi, saremo costretti ad usare varie tecniche (dalla desensibilizzazione al controcondizionamento) e, molto probabilmente, una qualche forma di punizione positiva. Per scongiurare l’uso della punizione, investiamo molto tempo per andare a costruire motivazione e relazione perché il cane veda il suo umano come la massima fonte di piacere e divertimento. Riepilogando:
1) è necessario preparare il cane insegnandogli il significato della parola NO, per passare poi alla punizione negativa e solo in seguito, se necessario, alla punizione positiva;
2) se viene punito, il cane deve capire il perché e quindi deve avere la possibilità di rifarsi;
3) bisogna guardare sempre la sua reazione;
4) la punizione non è un buon metodo educativo, ma se viene usata, che sia usata correttamente;
5) bisogna saper distinguere tra incomprensione e disobbedienza;
6) bisogna comunicare in modo chiaro.