Queste poche righe non hanno la presunzione di voler definire in modo monolitico cosa sia l’addestramento. L’intento non è neppure quello di spiegare il senso della parola dal punto di vista etimologico.
L’obiettivo vorrebbe essere quello di diffondere il pensiero dei grandi dell’addestramento in modo tale che sia da guida a coloro che si avvicinano al mestiere.
Quanto detto non è nulla di originale, nel senso che questi pensieri sono già stati espressi dai grandi e, in queste righe, semplicemente riportati anche perché rappresentano il concetto di “buon addestratore” che condividiamo al Debù.
La cosa strana è che il messaggio sia stato dimenticato e, in certa letteratura cinofila, ci si sia fossilizzati sul significato etimologico del termine, dimenticando l’essenza del lavoro di addestrare.
Già, perché addestrare è difficile. Fare una pista o montare un morso sulle gambe, ad esempio, è un’arte e come tale costa fatica.
Più semplice invece far credere che l’accesso al mestiere sia semplice e basato sull’amore e i sentimenti, tralasciando la tecnica e la conoscenza del cane.
Tornando all’argomento principale, ecco chi è l’addestratore: è colui che scompone in tante piccole parti ogni esercizio che insegna all’allievo, in modo da farle comprendere meglio e in modo più semplice.
Ad esempio, un esercizio come la condotta formale, presa nel suo insieme, può essere riassunta in questo modo: il cane ci cammina al fianco guardandoci in modo da non perderci di vista.
In realtà, perché il cane possa fare una cosa del genere, deve avere una serie di conoscenze:
1. Memoria muscolare, perché i muscoli del suo collo imparino una certa postura.
2. Il concetto di “Guardami” e la durata.
3. La posizione della testa.
4. La ricerca della gamba del conduttore.
5. Le curve.
6. La messa al piede.
7. Il lavoro con le distrazioni.
8. La schedulazione del premio che da costante diventa variabile e casuale.
9. Le “rifiniture”.
Da questo risulta evidente che la condotta formale non è un unico esercizio. ’addestratore è colui che si rende conto che un esercizio può essere scomposto in parti minime, “atomiche”; è colui che compie un processo di analisi sul problema da risolvere, trova gli elementi costituenti, li insegna separatamente e ricompone il tutto nel processo di sintesi. Per molti esercizi e, più ampliamente per molti problemi, il processo che porta alla soluzione è già stato trovato da altri addestratori e a noi basta seguirne le indicazioni. Ma non ci si deve accontentare. Dobbiamo trovare nuove soluzioni che migliorino quelle precedenti, che le perfezionino. Scovare nuovi elementi atomici che semplifichino il lavoro per il cane. Studiare le soluzioni proposte da altri ma, senza bisogno di affidarsi ai “guru”, ragionare con la propria testa. Tutto questo però non è sufficiente a fare un Buon Addestratore. Nessun esercizio è come la ricetta per i biscotti: 50 g di burro, 70 g di zucchero, 100 di farina …. Infatti queste cose devi insegnarle al cane e ogni cane ha la sua personalità: per alcuni cani ci vorrà più zucchero o per altri più burro. Certo, la memoria di razza ci aiuta, ma ci aiuta a non stupirci nel vedere il pastore tedesco che fa il carosello intorno a noi con la manica in bocca. Poco ci dice però di “quel” pastore tedesco in particolare. Qui si vede il buon addestratore: cioè colui che, con processo diagnostico, capisce cosa il cane ci sta dicendo in quel momento e soprattutto si fa capire molto bene dal cane. Il suo compito è di portare in atto quelle che sono le potenzialità del suo allievo e questo può essere fatto in due modi:
1. Attraverso un processo diagnostico in cui ci è chiaro cosa il cane ci sta dicendo. L’esempio tipico lo troviamo nell’attività di morso. Ci sono cani che, quando mordono, spingono con la bocca verso le carni del figurante; altri che strattonano la manica lontano dal figurante; altri ancora che scuotono la manica. Quando ci si trova di fronte ad un cane che naturalmente morderebbe spingendo la bocca verso il figurante, ma, sotto pressione, comincia a strattonare lontano dal figurante, ebbene, quello è un segnale di disagio e noi dobbiamo coglierlo;
2. attraverso la comunicazione: il buon addestratore è colui che fa comprendere in modo chiaro al cane cosa vogliamo che faccia. Attenzione, non quello che vogliamo che NON faccia. Infatti, citando Balabanov, nessun cane “costretto” farà mai un esercizio così bene come un cane che vuole farlo con entusiasmo.
1. Memoria muscolare, perché i muscoli del suo collo imparino una certa postura.
2. Il concetto di “Guardami” e la durata.
3. La posizione della testa.
4. La ricerca della gamba del conduttore.
5. Le curve.
6. La messa al piede.
7. Il lavoro con le distrazioni.
8. La schedulazione del premio che da costante diventa variabile e casuale.
9. Le “rifiniture”.
Da questo risulta evidente che la condotta formale non è un unico esercizio. ’addestratore è colui che si rende conto che un esercizio può essere scomposto in parti minime, “atomiche”; è colui che compie un processo di analisi sul problema da risolvere, trova gli elementi costituenti, li insegna separatamente e ricompone il tutto nel processo di sintesi. Per molti esercizi e, più ampliamente per molti problemi, il processo che porta alla soluzione è già stato trovato da altri addestratori e a noi basta seguirne le indicazioni. Ma non ci si deve accontentare. Dobbiamo trovare nuove soluzioni che migliorino quelle precedenti, che le perfezionino. Scovare nuovi elementi atomici che semplifichino il lavoro per il cane. Studiare le soluzioni proposte da altri ma, senza bisogno di affidarsi ai “guru”, ragionare con la propria testa. Tutto questo però non è sufficiente a fare un Buon Addestratore. Nessun esercizio è come la ricetta per i biscotti: 50 g di burro, 70 g di zucchero, 100 di farina …. Infatti queste cose devi insegnarle al cane e ogni cane ha la sua personalità: per alcuni cani ci vorrà più zucchero o per altri più burro. Certo, la memoria di razza ci aiuta, ma ci aiuta a non stupirci nel vedere il pastore tedesco che fa il carosello intorno a noi con la manica in bocca. Poco ci dice però di “quel” pastore tedesco in particolare. Qui si vede il buon addestratore: cioè colui che, con processo diagnostico, capisce cosa il cane ci sta dicendo in quel momento e soprattutto si fa capire molto bene dal cane. Il suo compito è di portare in atto quelle che sono le potenzialità del suo allievo e questo può essere fatto in due modi:
1. Attraverso un processo diagnostico in cui ci è chiaro cosa il cane ci sta dicendo. L’esempio tipico lo troviamo nell’attività di morso. Ci sono cani che, quando mordono, spingono con la bocca verso le carni del figurante; altri che strattonano la manica lontano dal figurante; altri ancora che scuotono la manica. Quando ci si trova di fronte ad un cane che naturalmente morderebbe spingendo la bocca verso il figurante, ma, sotto pressione, comincia a strattonare lontano dal figurante, ebbene, quello è un segnale di disagio e noi dobbiamo coglierlo;
2. attraverso la comunicazione: il buon addestratore è colui che fa comprendere in modo chiaro al cane cosa vogliamo che faccia. Attenzione, non quello che vogliamo che NON faccia. Infatti, citando Balabanov, nessun cane “costretto” farà mai un esercizio così bene come un cane che vuole farlo con entusiasmo.